Al via il 27 aprile in Veneto le riprese di “Una Nobile Causa”, film del regista padovano Emilio Briguglio.
Dal Veneto alle Marche, le riprese saranno realizzate in alcune tra le location più suggestive dell’area veneziana – a Dolo Villa Ca’ Zane Martin, Villa Tron Mioni, lo Squero; a Strà Villa Foscarini Rossi – e dell’area padovana come il Teatro Verdi e Villa Italia per spostarsi successivamente nelle terre marchigiane ad Ascoli Piceno.
Una commedia drammatica che vuole esplorare, con consapevolezza e una vena di lucida ironia, le storie e le vite di quanti cadono nella compulsività del gioco d’azzardo. Il pubblico si troverà a seguire il labirintico filo che ogni giocatore svolge e riavvolge tra menzogne e verità, tessendo intorno a sé una rete soffocante, ma… dalla quale ci si può liberare?
“Il film vuole attirare l’attenzione del grande pubblico su un tema considerato spesso un problema dei singoli che, invece, condiziona pesantemente l’esistenza di intere famiglie e impatta a livello sociale in modo sempre più preoccupante – spiega il regista Emilio Briguglio. “Ho scelto il genere commedia perché lo considero, anche per il momento che stiamo vivendo, il codice espressivo più interessante per avvicinare a questo argomento un pubblico allargato e trasversale, considerando che il gioco d’azzardo non guarda l’età anagrafica di nessuno”.
Un film che si muove su due piani narrativi emotivamente intensi e che, a sorpresa, si intrecceranno in un finale assolutamente inaspettato.
Nel cast del film emergono le straordinarie partecipazioni di Antonio Catania, Roberto Citran, Simona Marchini e Francesca Reggiani. Catania, nel ruolo di Fabio Macchiavelli, saggio psicologo che aiuterà una donna affetta da ludopatia e la sua famiglia; Simona Marchini in quello di Iolanda, la madre del problematico protagonista Alvise; Francesca Reggiani in quello di Gloria una donna che vince una grossa somma al gioco; Roberto Citran in quello di Giulio, marito di Gloria.
Poliedrico e di alto livello il resto del cast con Giorgio Careccia, attore di teatro e interprete al cinema di film come Io non ho Paura, Romanzo Criminale e Vallanzasca, che interpreta Alvise, uomo disposto a tutto per il gioco; Rossella Infanti è Tania, la donna che saprà tenere testa ad Alvise. Completano il cast Nadia Rinaldi, Giulia Greco, Guglielmo Pinelli, Massimo Bonetti, Massimo Foschi, Vasco Mirandola, Giovanni Maria Buzzatti, Diego Pagotto, Carla Stella, Eleonora Fuser, Rosa Palasciano e Virginia De Marchi.
Il film, che sarà presentato all’interno della cornice della 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015, è una produzione di Running TV organizzata con Filmedea e realizzata con il sostegno della Regione del Veneto – Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo, in collaborazione con l’Associazione Cinema Giovane e gli Assessorati alla Cultura di Dolo e Padova, con il patrocinio dei Comuni di Dolo e di Padova, in associazione con La Contea e Arteon. Sponsor del film sono: Villa Ca’ Zane Martin, Villa Tron Mioni, Ristorante i Molini, Hotel Ritz di Abano, Villa Foscarini Rossi, Hotel Sheraton Padova, Hotel Alexander Palace, AC Hotel Padova, l’Albergo 100 Torri, Caffè Meletti, Dario Ricevimenti, Italian Cool Angel, Doliwood Films, Vagheggi, Ombre Prosecco Doc, Words Revealed, Pespani Ferramenta SNC e Associazione Isola Bassa di Dolo.
Gloria, una donna sicura di sé e madre di famiglia, vince un milione di euro al casinò. Il marito e i figli la convincono a rivolgersi ad uno psicologo sperando così di aiutarla e di non farle sperperare la vincita. La persona incaricata è il luminare Fabio Macchiavelli che, per curare la donna, racconta la storia di un suo vecchio paziente.
Si tratta di Alvise Fantin, un nobile veneziano senza occupazione e impoverito dal gioco d’azzardo. E’ un uomo gentile, dai modi cordiali e garbati, ma perde completamente il lume della ragione quando si trova davanti a una slot o a un casinò. Alvise, più per “rifarsi” che per pagare i debiti, cerca di racimolare i soldi nei modi più fantasiosi, rocamboleschi e disparati possibili. Un giorno però, truffa la persona sbagliata e grazie anche allo zampino della madre, critica sul suo comportamento, sarà costretto a ripagare tutto il suo debito, facendo un umile e onesto lavoro. In questa nuova situazione Alvise si troverà impacciato, affrontando a volte anche situazioni assurde ed esilaranti.
Riuscirà Alvise ad adattarsi al suo nuovo lavoro e a superare la debolezza per il gioco? E lo psicologo? Riuscirà ad aiutare Gloria e la sua famiglia in difficoltà?
“Nell’ultimo film da me diretto, “My name is Ernest” – afferma Emilio Briguglio -, ho descritto i vari momenti di permanenza del grande scrittore americano Ernest Hemingway in Italia e, in particolare, nel Veneto. Quando negli anni ’50 Hemingway veniva nelle zone della prima guerra mondiale non solo per ripercorrere i suoi ricordi di combattente, ma anche per cercare nuove fonti d’ispirazione per i suoi capolavori, era ospite di nobili veneziani in una stupenda tenuta vicino al Mare Adriatico”.
“Prima delle riprese – continua il regista -, durante la fase di ricerca delle location, le persone che conoscevano quei posti e la loro storia mi hanno rivelato che quella tenuta era stata persa al gioco e che era stata venduta più volte all’insaputa dei vari “proprietari” pretendenti. Una sorta di singolare truffa studiata nei minimi particolari per pagare debiti derivanti, sembra, dalle perdite al casinò di uno degli illustri rampolli discendenti dell’antica casata veneziana”.
“Il vizio del gioco d’azzardo – conclude Emilio Briguglio – e dei giocatori che rovinano sè stessi e i loro cari si perde nella notte dei tempi. Le cronache ci hanno fatto conoscere storie di personaggi famosi e non che hanno distrutto la loro vita a causa del gioco; allo stesso modo, capolavori cinematografici, teatrali e grandi autori della letteratura mondiale ci hanno fatto vivere storie di gioco e di giocatori. Ma in questi ultimi anni, il fenomeno è diventato più imponente e sta raggiungendo livelli preoccupanti per la sua diffusione. Di fronte al susseguirsi di notizie e fatti di cronaca, ho iniziato ad interessarmi a questo argomento e a cercare di approfondirlo. In questa fase di ricerca ho avuto la fortuna di poter accedere ad una struttura di recupero per giocatori e di poter parlare sia con loro sia con le varie figure sanitarie che li seguivano. Questo ha ulteriormente accresciuto il mio interesse per il problema fino a decidere di farne un film. Prima di conoscere da vicino le loro storie pensavo di assistere a sedute psicanalitiche noiose, a racconti tristi di famiglie distrutte e di suicidi programmati. Mi sono ricreduto subito: le sedute cui ho assistito hanno rivelato, pur nella loro tragicità e nell’intensa carica di umanità che trapelava, una vena “comica” inaspettata che mi ha colpito positivamente. Da qui la scelta di genere: la commedia mi è sembrata più consona al momento che stiamo vivendo e alle attese del pubblico. Soggetto, sceneggiatura, taglio delle riprese, condizioni di luce, casting e direzione degli attori vogliono trasmettere la gravità del problema in maniera incisiva, ma non traumatica. Il film non vuole dare soluzioni, ma far presente che la criticità è reale e sta diventando sempre più preoccupante, generare dialogo, discussione, attirando fortemente l’attenzione su un problema sociale diffuso che viene troppo spesso considerato un problema dei singoli”.